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Una genovese a Pompei




La Genovese a Pompei


Camminavo , a passi leggeri su una strada millenaria, era quasi l’ora del tramonto , non vedevo nessuno , solo quello che rimaneva di una città antica nell’ora della sera.

Sentivo il rumore dei mie passi sulle antiche pietre , l’odore dei pini marittimi , ma guardando meglio con occhi e cuore, potevo vedere l’anima della città, il brulicare della vita, il vociare della gente, vicino a me apparve una ragazzina vendeva focacce e olive, che profumo meraviglioso , camminavo in un vicolo e appena girato l’angolo mi ritrovai in via dell’Abbondanza , sul far della sera in tanti erano in giro a far compere , affari , mangiare e chiacchierare.

Un uomo alto di una bellezza antica sembrava seguirmi con lo sguardo , potevo sentire il

suo caldo abbraccio , non feci nulla ma lo portai con me …

Passai vicino ad una bottega di gioielli , quante tentazioni e ricche gemme, un artista decorava una bottega , dal Termopolio arriva odore di anatra arrostita sulle foglie di limone .

Un cagnolino sonnecchiava sull’uscio della bottega e aspettava goloso qualche osso .

Un soldato mi disse che si stava facendo tardi , che era ora di incamminarsi verso l’uscita , che avrebbero chiuso i cancelli , così mi affrettai senza paura e un po’ di rammarico , fra i vicoli , e piano piano tornò il silenzio , mi voltai e rividi l’uomo alto sembrava, il custode della mia giornata e del mio destino , un regalo inaspettato , il tramonto colorava il cielo di rosso , nell’aria odore di limone e di pino, arrivata vicino al cancello mi voltai e la bambina mi salutò, e potei sentire quasi un sussurro lontano , un torna presto , il cagnolino cerco’ di seguirmi, ma lei lo chiamò a se.

Mi voltai ancora una volta per cercare lo sguardo di quell’ uomo ma non c’era più, ma ne potevo sentire ancora il profumo nel vento .

Arrivata al cancello il silenzio era svanito, le voci della gente mi riportarono al presente , e alla fine della giornata .

Davanti all’uscita Achille la mia fantastica guida a Napoli era lì che mi aspettava , saremmo andati a cena da Eva al Vomero, per tornare al presente ed alla realtà.

Fu una cena divertente , Eva oltre a preparare la cena , lèggeva la mano e lèsse anche le mie ( perché si leggono tutte e due ) , quasi in modo scientifico, indovinando molte cose , che terrò tutte per me .

A cena c’era la genovese , una pasta con un succulento sugo di carne e cipolle, non era la prima volta che la mangiavo, e io stessa l’avevo preparata volte anche in alcuni miei Social Lunch .

Di quella serata ricordo lo spirito davvero particolare di Eva , davvero unica , compreso il rubinetto attaccato sopra il televisore .

Di quella giornata ricordo solo cose belle , per quanto non stessi bene fisicamente cosa che mi aveva impedito di mangiare tutto il menu della serata .

Qui ripropongo la ricetta della genovese e mi raccomando non siate parchi di cipolle se no non è una vera genovese .

Ma prima di cucinare ci metto anche un po’ di storia .

La genovese non ha nulla a cui vedere con con la pasta Genovese che è una variante morbida del Pan di Spagna e nemmeno con la Genovese palermitana un divettò ripieno alla crema , e nemmeno con la salsa genovese .

Di fatto è un condimento bianco per la pasta , a base di carne di manzo, cipolle .

Vediamo perché si chiama dunque genovese o almeno proviamoci.

Di fatto comunque non si sa.

Qualcuno sostiene che la ricetta di un condimento simile alla Genovese sia arrivato tra il quindicesimo è il sedicesimo secolo con i commercianti genovesi .

Qualcun’altro sostiene che Genovese non è altro che il cognome del suo inventore , nome molto diffuso in Campania .

Esiste anche una terza ipotesi che questa sia una versione lontana e rivisitata , della soupe d’oignons di Ginevra ( Geneve …) e che il tutto sia avvenuto in qualche cucina aristocratica napoletana con conseguente storpiatura del nome genovese da Geneve appunto .

Insomma molto difficile, l’unica cosa certa che sappiamo e’ che la ricetta è stata trascritta dal cuoco letterato Vincenzo Corrado nel suo la Cucina Napoletana nel 1832 e dal nobile Ippolito Cavalcanti che lo inserì nel volume Cucina Teorico/ Pratica del 1837.

Questo sugo necessita di una lunga cottura , la carne di deve sfaldare e sobbollire a fuoco lento , e l’altro elemento è la cipolla dorata che a fine cottura sarà come una crema .

La carne meglio una vitella giovane , o il girello o lo scamone o il muscolo dello stinco .

La pasta perfetta ziti spezzati o altra pasta corta come penne , paccheri, e simili ma non pasta fresca .

Ricetta


4 etti di muscolo posteriore ( vitella giovane) se ne no a che girellono scamone

Un etto di lardo

4 cipolle dorate possibilmente di Montoro

Una costa di sedano

2/3 foglie di alloro

Mezza Carota

Un cucchiaino o due di concentrato di pomodoro

Un cucchiaio raso di farina di grano tenero ( io metto se necessario di fatto quasi mai un cucchiaino di fecola di patate ) vino rosso

Olio evo qb

Sale qb


Preparazione


Sbucciare le cipolle , affettarle finemente e soffriggerle leggermente in una pentola a fondo largo con abbondante olio ,

Lavate e mondate gli odori tritateli e aggiungeteli alle cipolle , aggiungete poi la carne e il lardo e fate risolare aggiungete il concentrato e fate cuocere lento per due ore aggiungendo poco alla volta mezzo litro di acqua ( io metto un brodo leggero di manzo leggerissimo ) e qualche goccia di vino .

Già verso la fine sfaldo la carne nella pentola senza tagliarla .

Se necessario in questa fase addenso un po’ la salsa con il cucchiaino raso di fecola di patate .

Condire la pasta spezzettando la carne direttamente sulla pasta .



Tiziana Pugliese 

Titti Chef 

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